giovedì 7 giugno 2007

VIVA LA RAI!


Sembra che quando si comincia a vivere di ricordi e cioè si debba guardare più al passato che al futuro le prospettive per il domani non siano molto rosee.

Mi conforta il fatto che quel passato a cui mi riferisco non sia poi così lontano, e che quindi si tratti più che altro di un guardarsi in dietro per cercare di ritornare in carreggiata.
In effetti la mia idea è più che altro che ci si trovi in un momento di sbandamento più che in una crisi senza soluzione.

Ho riattivato il mio vecchio video-registratore e così per rinfrescare la memoria ho rivisto la cassetta della finale del Concorso Callas al Teatro Regio di Parma nel 2000.

Una competizione internazionale che, fra quasi 800 iscritti, premiava le voci verdiane emergenti. Una serata maginifica! Una giuria assortita benissimo con celebri cantanti (Raina Kabaivanska, Magda Olivero e Fedora Barbieri), un direttore celeberrimo come Nicola Rescigno , il regista Gregoretti, il musicologo Cappelletto, Bruno Cagli etc… Presentava Michele Mirabella ed alla fine del primo giro di esibizioni dei candidati (alcuni di loro hanno poi fatto una bella carriera), un siparietto con il consigliere d’amministrazione RAI Vittorio Emiliani!
Non potevo credere ai miei occhi!
Un consigliere d’amministrazione RAI che affermava di essersi reso conto che la didattica del canto in Italia stesse attraversando un momento di crisi. La qualcosa veniva confermata dalla presenza di ottime voci italiane per qualità ma spesso non adeguatamente preparate tecnicamente o peggio maleducate in modo tale da, eventualmente, comprometterne il futuro.

La RAI quindi, oltre al concorso (per il quale erano stati spesi quasi due miliardi delle vecchie lire), aveva destinato 100 milioni di lire in borse d studio, proprio per supportare le voci di talento. Un discorso di una lucidità disarmante. Un consigliere RAI odierno potrebbe far mai un discorso del genere??? E’ possibile che in sette anni si sia passati da un supporto simile alla cultura al sostegno di tv spazzatura, fictions e sit-coms? Forse la risposta ce l’ho: non ricordo che allora si parlasse in maniera così spasmodica di AUDITEL e che la TV non fosse totalmente comandata dalla pubblicità.
Ancora il modello televisivo DE FILIPPI non imperversava. Riusciremo a liberarcene ed avere un vero servizio televisivo pubblico che esprima la vera identità italiana?

mercoledì 16 maggio 2007

Italia-Germania 2-0




Oggi stavo cercando su Google informazioni su un'opera composta da Giuseppe Sarti dal titolo "Fra i due litiganti il terzo gode", resa celebre sopratutto per la citazione nella scena finale del Don Giovanni di Mozart, ed ho fatto una scoperta per me straordinaria.Esiste un progetto a cura dell'università di Colonia che si occupa di censire le opere italiane e tedesche fra il 1770 ed il 1830.


Il progetto raccoglie i libretti e le notizie principali sulle opere. Di molte sono addirittura visionabili online i manoscritti (in differenti versioni) conservati nelle biblioteche tedesche!


Ecco qui l'indirizzo per esteso che è bene ripetere e segnarsi:

http://www.opernprojekt.uni-koeln.de


Ho potuto così consultare il manoscritto dell'opera di Sarti di cui sono visionabili addirittura 3 differenti versioni!


Mi sono poi ricorato che alcuni giorni fa cercavo un libretto goldoniano ed ero venuto a conoscenza di un progetto dell'Università di Padova per la digitalizzazione dei ibretti d'opera. Un database che tornerebbe utile ed un lavoro di portata non certo proibitiva.

A questo indirizzo potete vedere a che punto sta il progetto italiano:
http://opera.cab.unipd.it:8080/librettidopera/presentazione_it.jsp


Non credo servano molti commenti a quanto potete leggere in questa pagina.
E' un altro sintomo di una situazione italiana a dir poco indescrivibile e sempre più intollerabile!
Meglio non pensare alla situazione in cui giacciono gli archivi musicali e non che tutto il mondo ci invidia!
Ma la Germania non era in crisi economica? O forse è solamente che della cultura a loro importa veramente?
Vorrei sapere cosa costituisce l'identità culturale di questo paese?

martedì 15 maggio 2007

Una questione di soldi?


Visitando i siti dei teatri ultimamente si apre un pop-up che invita a destinare il 5x1000 per la "salvezza" dei teatri.
A me sembra una bella presa in giro e credo proprio che quei soldini non li darò ad un teatro!

Il problema dei teatri non è di quanti soldi si dispone ma come vengono utilizzati.

Prima di tutto credo che si produca troppo poco per poter ottemperare a quei principio di imprenditorialità che si vorrebbe i teatri assumessero ed ancora meno se si vuole realmente raggiungere un pareggio di bilancio.



Sul bilancio dei teatri grava per la maggior parte la spesa per il mantenimento del personale ( tralascio volutamente le troppo frequenti e assurde spese per allestimenti e esagerati compensi per artisti di "fama", cose che si sanno ma repetita iuvant) . La soluzione, in genere, è stata quella di tagliare e sopratutto nelle compagini produttive (coro, orchestra e tecnici). Per contro stranamente spesso fioccano le assunzioni negli uffici amministrativi e degli ormai innumerevoli segretari artistici! Tra un po' ci saranno più segretari che orchestrali!

Forse bisognerebbe organizzarsi per produrre un po' di più (perché altrove si riesce a fare anche 28 spettacoli al mese e da noi 10 sono quasi un miracolo?) ed offrire un prodotto più variegato al pubblico. Mi pare che questa dovrebbe essere la politica di un'azienda, o sbaglio? Mi chiedo quali sono le difficoltà per riprendere dei vecchi allestimenti e riproporli e rimetterli in scena con compagnie di giovani (spesso migliori dei "vecchi" strapagati!). Perché non si fa? Non mi sembra una pensata così geniale!

Fatto sta che al momento le nostre stagioni fanno abbastanza schifo e la varietà dell'offerta è a dir poco deprimente. Ho fatto un confronto fra la programmazione di giugno di quattro teatri (due tedeschi e due italiani di pari livello). Quel genere di comparazioni che vanno tanto di moda quando devi comprare qualcosa. Se vi offrissero di fare l'abboanamento a uno di questi quattro teatri quale scegliereste?

BERLIN STAATSOPER
1. Manon (ballet) 2. Don Carlo 3. La clemenza di Tito 4. Manon 5.Salome 6. Manon 7. La clemenza di Tito 8. Don Carlo 9. Elektra 10. Concerto Brunch / La Clemenza di Tito 12. Fidelio 13. La Clemenza di Tito 14. Elektra 15. Faustus, the last night 16. La clemenza di Tito 17. Concerto: Preussens Hofmusik 4 / Faustus, the last night 18. Fidelio 19. La clemenza di Tito 21.Giselle: Balletto 22. La clemenza di Tito 23. Giselle: Balletto 24.Parsifal 26. Giselle: Balletto 27. Concerto: Staatskappelle Berlin 28. Concerto: Staatskappelle Berlin 29. Parsifal
TEATRO ALLA SCALA - MILANO
4. Ledi Makbet Mcenkogo uezda 6. Ledi Makbet Mcenkogo uezda 9. Ledi Makbet Mcenkogo uezda 10. Filarmonica della Scala 11.Ledi Makbet Mcenkogo uezda 13. Ledi Makbet Mcenkogo uezda 15. Ledi Makbet Mcenkogo uezda 19. Ledi Makbet Mcenkogo uezda 20. Candide 21. Ledi Makbet Mcenkogo uezda 22. Candide 26. Candide 28. Candide
FRANKFURT OPER
1. Simone Boccanegra 2. Opera per Bambini (2 spettacoli) / Morte a Venezia 3. Ariodante 5. Opera per Bambini 6. Mozart e Salieri - Un requiem 7. Ariodante 8. Mozart e Salieri - Un requiem 9. Concerto di gala 10. Concerto del Museo / Mozart e Salieri - Un requiem 11. Concerto del Museo 14. Simone Boccanegra 15. Tannhäuser 16. Death in Venice 17. Oper Extra / Simon Boccanegra 19. Happy New Ears 20. Tannhäuser 21. Death in Venice 22. Simon Boccanegra 23. Death in Venice / Il ritorno d’Ulisse in patria 24. Musica da camera in Foyer / Tannhäuser 25. Il ritorno d’Ulisse in patria 26. Serata Lieder 27. Un ballo in maschera / Il ritorno d’Ulisse in patria 28. Tannhäuser 29. Un ballo in maschera 30. Simone Boccanegra
Il ritorno di Ulisse in patria
TEATRO COMUNALE BOLOGNA
13. Falstaff 16. Concerto: Roberto Abbado 17. Falstaff 20. Falstaff 24. Falstaff 26. Falstaff 28. Falstaff

Il confronto è quasi desolante. Non credo la differenza venga da una maggiore disponibilità di fondi (dovrebbe essere almeno quattro volte tanto) bensì da una migliore organizzazione e utilizzo degli stessi. Certo per la comunità civile in Germania la cultura, il teatro sono veramente un biglietto da visita della città, e da noi?
Se veramente la cultura è un valore per l'Italia serve UNA RIFORMA ORGANICA DEI TEATRI! Basta con le poltrone politiche nei teatri! O quantomeno non mandateci il cognato del ministro che visto che ha ascoltato un vinile di Rigoletto 20 anni fa e altro non sa fare viene piazzato come direttore artistico! Merito innanzitutto ed ai posti di comando soprattutto! Ormai di queste cose se ne sono accorti tutti, riusciremo anche a farli smettere?!?

sabato 5 maggio 2007

La legge del Teatro



Prima di iniziare ad analizzare i punti che definirei critici nelle leggi che disciplinano l'attività musicale in generale e quella delle fondazioni liriche in particolare penso sia interessante fornire gli indirizzi dove visionare personalmente il materiale legisaltivo.

Un'idea di massa ce la si può fare alla sezione documenti de Il Giornale della Musica dove si può consultare una pagina di Disciplina generale dell'attività musicale.

Per chi poi volesse approfondire il progresso storico della legislazione è necessario partire dalla legge 800 del 1967.

Ritengo degne di attenzione le abrogazioni e variazioni introdotte dalla legge 14 novembre 1979.

Con il decreto Legislativo 29 giugno 1996 si ha il fondamentale passaggio degli enti autonomi lirici e le istituzioni concertistiche da personalità giuridica di diritto pubblico a fondazioni di diritto privato.

Ulteriore integrazione a questo Decreto legge è il decreto legislativo il n. 134 del 1998.

Veniamo ora al Disegno di legge 1296 presentato dal Senatore Carlo Fontana e che apporterebbe importanti cambiamenti nelle disciplina delle fondazioni liriche. Da leggere assolutamente!

Con questi links ho voluto fornire una specie di bibliografia per i post che seguiranno dove in ognuno tratterò uno dei diversi aspetti della normativa del teatro(amministrazione, dirigenza, finanziamento, lavoratori etc...).

Buona lettura!

martedì 1 maggio 2007

Fare cultura o subirla?



Nell'aprire questo blog intitolato Una voce poco fa (in ossequio alla mia passione operistica). Il mestiere dell'artisita in Italia oggi. Fare cultura o subirla?, ho forse dimenticato una cosa abbastanza fondamentale: dare una definizione di cultura, o perlomeno quella che io penso sia la cultura (visto che l'oggettività è un bene che si va perdendo dato che come si dice in linguaggio televisivo "ognuno fa' come ie pare").

I miei studi classici, infatti, mi hanno insegnato che prima di affrontare un argomento sarebbe necessario fornirne una definizione così d'avere un minimo di certezza riguardo all'argomento affrontato e dei limiti della trattazione. Spesso, alle scuole medie e nei primi anni di liceo, mi sono beccato diversi 4 perché nonostante avessi scritto una composizione molto bella ero finito fuori tema!

Per dare una definizione di cultura quindi, tanto per svecchiarmi un po', non ricorrerò al classico dizionario della Treccani ma alla definizione di Wikipedia che, devo ammetterlo, non mi è sembrata per nulla generica o carente:

In sintesi, la cultura può essere vista come l'identità di un popolo (comprendendo la lingua, i costumi, la religione, la moneta ecc.), tuttavia si possono anche distinguere due concezioni fondamentalmente diverse:

Una concezione umanistica o classica presenta la cultura come la formazione individuale, un'attività
che consente di "coltivare" l'animo umano (deriva infatti dal verbo latino colere).

Una concezione antropologica o moderna presenta la cultura come il variegato insieme dei costumi,
delle credenze, degli atteggiamenti, dei valori, degli ideali e delle abitudini delle diverse popolazioni
o società del mondo. Concerne sia l'individuo sia le collettività di cui egli fa parte.

Concordo pienamente sulle due accezioni del termine ma, per il motivo di cui sopra, mi piace di più quella umanistica. Coltivo la flebile speranza che l'immagine dell'animo umano paragonato ad una pianta che vada coltivata e che possa crescere rigogliosa alimentata dallo studio e dalla conoscenza rimanga ancora valida.

Per rimanere sul web ho visitato le pagine di cultura di tre notissimi quotidiani nazionali:
Il Corriere della Sera, Il Giornale e La Repubblica.

Cito in ordine di apparizione i titoli della pagina di Spettacoli e Cultura de Corriere.it

- Torna Funari, l'apocalittico.
- Luttazzi in tv dopo cinque anni. Ospite da Biagi
- Londra, guepière al posto del tutù.
- Locali «crying clubs», l'ultima tendenza: paghi e piangi
- Richard Gere si scusa con l'India per il bacio a Shetty
- Funari presenta il programma e cade.
- Gere si scusa con l'India per il bacio
- Fan della Bullock aggredisce il marito.
- Morto il musicista Rostropovich

Già da questo elenco ci sarebbe molto da dire ma forse prima è meglio avere la panoramica completa.
Il giornale.it divide fra Spettacoli e Cultura. Una scelta piuttosto condivisibile

Cultura:
- Riccardo Muti: Un grande artista in difesa della fratellanza
- Una ribellione senza mezzi toni
-Quando promuoveva un libro di Solzenitzjin
- Quel "greco" classico vittima di Robespierre
- Hokusai la radiosa alba del Sol Levante

Spettacoli:
- "Rosto", ribellione senza mezzi toni
- Funari "M'hanno esiliato" sono di nuovo in guerra
- "Balls of steel". Vince il più dispettoso
- Benigni farà una serata evento
- Ulisse di Angela torna su Rai3
Titoli in piccolo:
- Bacio scandalo: Gere chiede scusa
- Hugh Grant risarcito dalla stampa inglese
- Pazza terrorizza Sandra Bullock

E infine laRepubblica.it che giustamente divide fra i diversi argomenti:

TELEVISIONE
Funari su Raiuno:
"Io non torno mai"
IL PERSONAGGIO
Jane Fonda:
"A 70 ho scoperto d'amarmi"
MUSICA
E' morto Rostropovich, una vita da leggenda
NELLE SALE
"Salvador" un ragazzo ribelle ucciso dalla garrota di Franco
HOLLYWOOD
"Starveglianza", in tv
il lato segreto dei divi
PRIMO MAGGIO
Concerto con lo slogan
"Sicurezza sul lavoro"

Mi pare chiaro che per i quotidiani vale l'accezione di cultura in quanto insieme di costumi, valori e credenze, atteggiamenti, ideali etc... Tenuto presente che la mia lettura coincideva con la morte del grande violoncellista Mitislav Rostropovich (anche se il Corriere ha pensato di darla come ultima notizia di cultura ritenendo più importnte il ritorno in tv di Funari con relativa caduta alla conferenza stampa!) mi sentirei di affermare che nella cultura moderna la televisione la fa da padrona conquistando la quasi totalità dei titoli. Al secondo posto il gossip hollywoodiano che dovrebbe essere quello più d'elite rispetto al casareccio. A parte la morte del già citato Rostropovich (ampiamente trattata dal Giornale, non a caso come icona anticomunista, anche se nel titolo di testa sembrava si parlasse di Muti!) , il Corriere dedica un titolo al balletto (anche se con accezione un po' voyeuristica) ed il Giornale ed un articolo su di un artista giapponese(?).

Se dovessimo basare la nostra cultura e la nostra formazione individuale da questi titoli ne uscirebbe che siamo ossessionati dalla televisione (che, con programmi come Uomini e Donne, Amici, L'Italia sul Due etc... mi pare contribusica assai positivamente alla formazione degli individui), pettegoli, tendenti a politicizzare i fatti e pure un po' guardoni. Non c'è male!

Con tutto il rispetto dovuto (ammesso che ne sia dovuto) non so quanto siano edificanti Funari, i pazzi che aggrediscono Sandra Bullock (qual'è poi?) e Jane Fonda che a 70 anni scopre d'amarsi (e chi se ne frega, non ce lo metti?). A tratti non si distingue più alcuni quotidiani ed anche telegiornali (ahimé!) da una rivista scandalistica. Suggerisco una legge che calmieri la quantità di gossip nelle notizie!

Questa mia provocazione vorrebbe reclamare, da parte dei mezzi d'informazione, un' offerta "culturale" in grado non solo di solleticare gli instinti medio-bassi del pubblico ma anche, per chi lo desideri, di stimolare alla conoscenza ed alla crescita personale.

- Tu sogni. Il mondo non va così! - Mi sono sentito dire parecchie volte. Mi piacerebbe allora sapere chi è che lo fa andare così, perché da ciò che mi risulta le cose non vanno così da sole! Credo sia proprio questa arrendevolezza che permette a pochi di fare andare il mondo secondo i loro interessi. Ecco perché ho scritto fare cultura o subirla. La scelta sta a noi. Io ho scelto di non dire il mondo va così. Voglio cercare di fare qualcosa per farlo andare diversamente, partendo proprio dalla cultura!

giovedì 26 aprile 2007

Belcantolandia




Siamo ancora il paese del Belcanto? Forse molti italiani non sanno neppure più cosa significhi questa parola. Eppure in numerosi paesi europei ed extra-europei molti ragazzi ancora sognano di venire in Italia a studiare l'opera pensando che tutto qui da noi canti, pure i sassi!

Mi è capitato durante le mie tournées all'estero che molti giovani colleghi mi chiedessero informazioni su quale scuola o accademia frequentare, come su quali maestri consigliassi loro per perfezionarsi in Italia. Feci del mio meglio e cercai di indirizzarli nella miglior maniera possibile.

Sapevo bene delle torme di coreani che negli ultimi dieci-quindici anni avevano invaso l'Italia per studiare canto e che erano diventati i polli da spennare per decine centinaia di maestri, molti dei quali poco più che ciarlatani, che non sentivano minimamente il peso della responsabilità di insegnare un'arte tanto meavigliosa e difficile. Anzi per coreani e giapponesi praticavano tariffe maggiorate, un po' come fanno i tassisti a Roma da Fiumicino al centro: 35 euro se hai l'accento romano, 45-50 se sei del Nord, da 100 euro in su se sei giapponese.

Cosa è rimasto ora di tutte queste migliaia di studenti munti per anni?
Alcuni di loro hanno trovato posto nei teatri tedeschi ed austriaci, pochissimi cantano in Italia e molti stanno tornando in patria. Alcuni anni fa partecipai ad un concorso a Piacenza, il 90% degli iscritti era di nazionalità coreana. Arrivai in finale con 11 coreani ed una ucraina!

Mi colpirono le parole di un collega ed amico coreano. Un ragazzo molto carino con una meravigliosa voce di baritono che frequentò l'Accademia del Maggio Musicale Fiorentino (un giorno parlerò di questa truffa delle accademie di alto perfezionamento in Italia): "Voi state facendo morire il vostro teatro lirico!".
Mi fido sempre molto di chi vede le cose dall'esterno. Il dramma è che la penso così pure io che le vedo dall'interno!!!

Lo stesso stupore da parte di altri cantanti nel notare l'ostracismo assoluto della televisione pubblica (e ancor più delle private, salvo qualche lodevole eccezione) nei confronti dell'Opera Lirica. Pensare che leggi non troppo vecchie prevedevano un coordinamento fra le attività liriche e musicali e quelle televisive.
Già le leggi!Di questi tempi si è parlato moltissimo di tagli al FUS (il Fondo Unico per lo Spettacolo, per chi non lo sapesse) di (molti) meno soldi per le fondazioni liriche quasi che la crisi dipenda esclusivamente dalla mancanza di soldi.

Certo i finanziamenti rappresentano un aspetto importantissimo ma nessuno ha mai pensato di dare un'occhiata al corpus legislativo che regola la vita dei teatri lirici di Belcantolandia? Beh, io l'ho fatto e ho scoperto molte cose e molto interessanti. Inizieremo a parlarne nel prossimo post. Arrivederci alla prossima puntata dunque!

sabato 21 aprile 2007

A me non me la ficca!



L'arte serve a qualcosa?

Io ho sempre pensato di sì. Ma confesso che il dubbio, l'altra sera, quando sono andato ad assistere ad alcuni spettacoli di una rassegna di teatro contemporaneo tenutasi a Bologna in questi giorni (Iceberg di Teatri di Vita, tanto per fare i nomi, anzi faccio pure il link: http://www.teatridivita.it/italiano/iceberg2007.html) mi è venuto. Tutto è nato da un invito casuale dell'amico Daniele che era curioso, e giustamente, devo dire, di vedere questi spettacoli.

L'accesso agli spettacoli era grautito, il mio amico prenota i posti e ci mettiamo in fila per il primo dei tre in programma. Entriamo. Una bella sala che mi sembra dotata di buona acustica (scusate la deformazione professionale!). Nel palco in basso si intravedono, data l'oscurità, da destra a sinistra delle campane tubolari, un violoncello appoggiato su una sedia, una batteria ed un vibrafono. Quache minuto d'attesa ed entrano i tre artisti. Uno si dispone al vibrafono ed altre percussioni, un altro alle campane ed un terzo si sdraia in terra. Si abbassano le luci e lo spettacolo inizia. L'attore/ballerino dimostra di possedere buona tecnica vocale e motoria. Pronuncia frasi disarticolate, spesso senza un senso apparentemente connesso ma sa quello che fa. Così i due musicisti che accompagnano i suoi movimenti convulsi. Meno brillante una parte centrale da mimo ed il meglio musicale l'ho trovato in un duetto vibrafono-violoncello. Spettacolo non sgradevole. Certo non mi aspettavo che dopo lo spettacolo ce ne fosse uno addirittura migliore. Ricevuti alcuni timidi applausi l'attore Matteo Garattoni chiede il silenzio per un annuncio. Nonostante una, forse reale timidezza, fa presente, con modi comunque garbati di aver chiesto di non tagliare troppo ll suo spettacolo. Alla sua richiesta però pare sia stato risposto negativamente ed in maniera molto sgarbata da parte della direzione di Teatri di Vita. Afferma di fare questa dichiarazione per evitare, a chi verrà dopo di lui di ricevere lo stesso trattamento. Nessuna replica immediata della direzione.

Appoggio il coraggio dell'attore e so cosa vuol dire. Mi è sembrato un atteggiamento condivisibile. Non credo purtroppo che la discrezione e l'educazione paghino più. Stanno diventando sempre più remissione e sottomissione. In generale nel nostro paese, e nel campo culturale in particolare, prende sempre più spazio chi, pur non avendo niente da dire, alza la voce. Forse è arrivato il momento di alzare ancor più la voce e reclamare la dignità di chi ha qualcosa da dire e vuole dirlo in maniera garbata e con gusto.

Tempo addietro i teatri INVITAVANO gli artisti e per la loro permanenza nel teatro erano trattati da OSPITI, con il senso vero e proprio che l'ospitalità dovrebbe avere. Ora sembra che a farti esibire ti facciano un favore e per il tempo che sei lì, a meno che tu non faccia parte di una certa conventicola e debba essere trattato in un certo modo, devi cercare di non sporcare e rompere i coglioni meno possibile. E' grave, molto grave, che un'artista, addirittura dopo uno spettacolo, senta di fare una dichiarazione del genere. Forse bisognerebbe rivedere le modalità d'instaurazione delle persone a capo delle istituzioni culturali. Certo a molti va bene così, ma i frutti del brillante lavoro svolto in questi anni si stanno vedendo, eccome. Perché chi crea deficit paurosi e stende programmi pietosi non paga mai? Rimane sempre lì, oppure se è proprio costretto ad andarsene, trova subito un altro posto? Siamo molto molto vicini al fondo!

Le cose si sono definitivamente chiarite guardando gli altri due spettacoli. Protagoniste tre ragazze. Innanzitutto ho notato come il fulcro degli spettacoli ruotasse intorno a qualcosa che si gonfiava!!! Fosse un lenzuolo illuminato (con gradevoli effetti luce) come nel primo caso o un piumone gonfiabile nel secondo. Nel primo spettacolo del gruppo Cosmesi (vincitore premio Iceberg 2005) la protagonista, ben attenta a mettere in risalto due seni dalle rotondità perfette, ha giocato a fare la gallina con conseguente lancio finale dell'uovo per simboleggiare una prima donna: profondo ed originale! Ha avuto il pregio di essere molto breve. Nel secondo caso, sfortunatamente molto più lungo, due ragazzotte in carne, che non hanno disdegnato di mostrare le mutande da sotto la gonna faccia al pubblico, di scambiarsi qualche apparentemente gradito bacio saffico, e di lanciarsi a vicenda sul puffone gonfiabile, si sono esibite in uno show di ginnastica dolce per anziani di 30 minuti circa dimostrando di saper contare da 1 a 8 e da 100 a 900 accompagnate da musiche intestinali ed effetti luci da discoteca. IRRITANTE! Qui non c'era nemmeno tecnica. Non movimento, non voce. Salvo solo qualche posizionamento luce carino.

Ma questo è il teatro? Alla fine applausi convinti, molti più che per il "dissidente" del primo spettacolo. "Uno spettacolo di una sensualità a tratti sconvolgente" - ho dovuto ascoltare! Non conta più quello che sai conta come lo sai vendere. Questi non sono artisti sono stereotipi d'artista imbottiti di fumo! A me non me la ficcano!

Con questi presupposti il teatro non andrà lontano. La crisi di pubblico è dovuta a chi decide gli spettacoli da rappresentare e porta avanti determinati artisti. Una grossa responsabilità spesso affidata a cervelli leggerissimi ma con agganci pesantissimi. Credo che il teatro debba dire qualcosa e servire a qualcosa. Questo teatro non dice niente e non serve a niente, se non a chi lo fa e lo fa rappresentare a suo proprio uso e consumo.
Una cosa sola mi dispiace; non aver buuato rumorosamente.
La prossima volta alzerò la voce!